Cominciai a studiare diritto privato quando ero ancora al 5° anno di liceo. A quei tempi si usava il testo di Alberto Trabucchi della CEDAM (non so se oggi è ancora in adozione), un vero mattone di circa mille pagine che solo a guardarlo ti veniva voglia di cambiare facoltà. Ma del resto non potevo aspettarmi altro. Avevo scelto giurisprudenza... e toccava fare quell’esame.
Si diceva: “diritto privato, mezzo avvocato”. E questo bastava a darmi quella spinta di cui ogni studente ha sempre bisogno per non cadere in quello stato paralizzante chiamato “crisi da studio”.
Mi piace ricordare la preparazione di questo esame perché è stato quello che più di ogni altro mi ha fatto letteralmente sognare. Ogni capitolo era come un viaggio sulle mete della mia carriera. Dopo avere letto, riletto, sottolineato e imparato, esponevo gli argomenti immaginandomi di fare consulenze sui contratti, sull’eredità, sulle servitù prediali (tranquillo, non è una parolaccia); di scrivere ricorsi di usucapione, anticresi, enfiteusi; di argomentare in aula sulla proprietà, sul possesso o sulla nunciazione.
Una sorta di sindrome da Perry Mason che mi faceva pregustare quell’atmosfera solenne e fascinosa che attornia gli uomini dalle toghe nere.
Poi, però, come un bambino quando scopre tutta la verità su Babbo Natale, cominci a fare pratica presso uno studio legale e ti accorgi che le consulenze, i ricorsi, le arringhe, sono solo fenomeni hollywoodiani, e che se vuoi guadagnarti veramente qualcosa ti conviene prendere quello che ti passa il convento. Cosa? L’infortunistica stradale, per fare un esempio.
Ma, almeno, si usa la toga nera? No! Quella la usano solo nelle aule penali. Perché nel civile, ammesso che ci sia un’aula (molto spesso è l’ufficio del giudice di turno a prestarsi a tale scopo), non c’è nemmeno il tempo di guardare in faccia i testimoni. Le udienze sono volanti, non ci si può sedere, perché se lo fai vieni coperto dalla folla di avvocati che si accalca al tavolo del magistrato, e i fascicoli, se proprio ci tieni, te li vai a prendere senza discutere in cancelleria. Tanto sono alla portata di tutti, devi solo capire in quale anfratto dell’archivio sono andati a finire, dopo che migliaia di altri avvocati e praticanti li hanno presi per le mani per spostarli.
I primi tempi mi chiedevo perché mai tutti quegli avvocati fossero intorno alla scrivania del giudice. Forse si trattava di un caso importante, di un cliente superassistito, o forse il magistrato non si sentiva bene. Niente di tutto questo. Era solo un metodo di lavoro. Troppe cause da svolgere. Troppi verbali da redigere in un giorno (molti, infatti, vengono scritti dagli avvocati sotto dettatura del magistrato). Quindi, la cosa migliore per un giudice è quella di celebrare in simultanea una dozzina di udienze. Si fa prima, e tutti possono tornarsene a casa.
Sarà questo il motivo che mi ha spinto a fare il consulente del lavoro? Può darsi! Fatto sta che se sei all’università e credi di poter mettere in pratica le tue conoscenze nel mondo del lavoro, sei davvero fuori strada. Gli altri non te lo permettono. Il sistema non te lo permette.
Questa è la più grande disillusione che un laureto possa vivere. Nessuno ti spiega come è fatto veramente il mercato. E alla fine ti ritrovi a mercanteggiare con un perito assicurativo per avere qualche migliaia di euro in più di danni da spartire col cliente.
E pensare che volevi argomentare su casi e questioni di alto profilo giuridico.
Si diceva: “diritto privato, mezzo avvocato”. E questo bastava a darmi quella spinta di cui ogni studente ha sempre bisogno per non cadere in quello stato paralizzante chiamato “crisi da studio”.
Mi piace ricordare la preparazione di questo esame perché è stato quello che più di ogni altro mi ha fatto letteralmente sognare. Ogni capitolo era come un viaggio sulle mete della mia carriera. Dopo avere letto, riletto, sottolineato e imparato, esponevo gli argomenti immaginandomi di fare consulenze sui contratti, sull’eredità, sulle servitù prediali (tranquillo, non è una parolaccia); di scrivere ricorsi di usucapione, anticresi, enfiteusi; di argomentare in aula sulla proprietà, sul possesso o sulla nunciazione.
Una sorta di sindrome da Perry Mason che mi faceva pregustare quell’atmosfera solenne e fascinosa che attornia gli uomini dalle toghe nere.
Poi, però, come un bambino quando scopre tutta la verità su Babbo Natale, cominci a fare pratica presso uno studio legale e ti accorgi che le consulenze, i ricorsi, le arringhe, sono solo fenomeni hollywoodiani, e che se vuoi guadagnarti veramente qualcosa ti conviene prendere quello che ti passa il convento. Cosa? L’infortunistica stradale, per fare un esempio.
Ma, almeno, si usa la toga nera? No! Quella la usano solo nelle aule penali. Perché nel civile, ammesso che ci sia un’aula (molto spesso è l’ufficio del giudice di turno a prestarsi a tale scopo), non c’è nemmeno il tempo di guardare in faccia i testimoni. Le udienze sono volanti, non ci si può sedere, perché se lo fai vieni coperto dalla folla di avvocati che si accalca al tavolo del magistrato, e i fascicoli, se proprio ci tieni, te li vai a prendere senza discutere in cancelleria. Tanto sono alla portata di tutti, devi solo capire in quale anfratto dell’archivio sono andati a finire, dopo che migliaia di altri avvocati e praticanti li hanno presi per le mani per spostarli.
I primi tempi mi chiedevo perché mai tutti quegli avvocati fossero intorno alla scrivania del giudice. Forse si trattava di un caso importante, di un cliente superassistito, o forse il magistrato non si sentiva bene. Niente di tutto questo. Era solo un metodo di lavoro. Troppe cause da svolgere. Troppi verbali da redigere in un giorno (molti, infatti, vengono scritti dagli avvocati sotto dettatura del magistrato). Quindi, la cosa migliore per un giudice è quella di celebrare in simultanea una dozzina di udienze. Si fa prima, e tutti possono tornarsene a casa.
Sarà questo il motivo che mi ha spinto a fare il consulente del lavoro? Può darsi! Fatto sta che se sei all’università e credi di poter mettere in pratica le tue conoscenze nel mondo del lavoro, sei davvero fuori strada. Gli altri non te lo permettono. Il sistema non te lo permette.
Questa è la più grande disillusione che un laureto possa vivere. Nessuno ti spiega come è fatto veramente il mercato. E alla fine ti ritrovi a mercanteggiare con un perito assicurativo per avere qualche migliaia di euro in più di danni da spartire col cliente.
E pensare che volevi argomentare su casi e questioni di alto profilo giuridico.
Internet cambia le regole
Tutto questo è vero se continuiamo a parlare del mercato tradizionale. Su internet è un’altra cosa. I professionisti continuano a non sentire l’urgenza di delibare – seppure con prudenza - il nuovo lavoro intellettuale, ma quella che oggi è ancora una straordinaria opportunità di crescita, fra qualche anno sarà una strada obbligata per guadagnarsi da vivere. E chi non l’avrà precorsa in tempo, si troverà a fare i conti con la dietrologia del fallimento.
Gli esperti parlano di “quarta rivoluzione industriale”, con i passaggi dall’agricoltura (primario) all’industria (secondario), dai servizi (terziario) all’informazione online (quaternario).
A soli 10 anni dalla nascita del web, il nuovo marketing ha trasformato in modo tanto radicale le dinamiche della produzione e della crescita da scalzare ogni regola. Tutto questo impone un nuovo tipo di organizzazione e un nuovo modo di fare business.
Un avvocato giuslavorista avrà di che sfamarsi fin quando esisteranno le aziende con i lavoratori subordinati. Ma se la forza lavoro viene attratta dai nuovi mercati, dove punta a creare una rete di micro-sistemi autoproduttivi, la ragione dei contenziosi non sarà più la stessa. Non ci sarà un lavoratore licenziato che lamenta gli straordinari o le mensilità aggiuntive. Non ci sarà un’azienda che vuole eccepire le contestazioni di addebito. Non ci sarà più il mercato delle vertenze di lavoro, intese alla vecchia maniera.
Ci saranno invece nuovi rapporti, nuovi scambi, nuove esigenze da tutelare e difendere, nuovi usi e costumi da portare all’attenzione del legislatore affinché possano assurgere al rango di diritto positivo.
Internet cambia le regole per tutti. Mette i consumatori al primo posto. Impone etica e qualità. Ma allo stesso tempo permette allo studente sognatore di avere subito un mercato da soddisfare. Un esperto di usucapione potrà semplicemente avvalersi di adwords per portare sul suo blog (WLG) tutti quelli che hanno bisogno di usucapire o di difendersi dal possesso abusivo di un bene immobile.
Una volta si parlava di bundling, di raggruppamento di aziende, prodotti, servizi etc.. E anche le professioni sono caratterizzate da un bundling di competenze, di abilità considerate omogenee e ricollegabili ad un settore professionale specifico. Il commercialista tiene la contabilità, fa le dichiarazioni dei redditi, istruisce le pratiche di apertura e chiusura delle aziende, difende i contribuenti davanti alle Commissioni tributarie, effettua perizie tecnico-commerciali sul patrimonio aziendale etc..
Google ha smembrato il concetto di bundling. La ricerca specifica dei navigatori è orientata a trovare delle soluzioni a esigenze particolari. Il navigatore vuole sapere come e se fare causa all’ENEL per uno sbalzo di corrente che gli ha danneggiato il computer.
Ho letto su un libro di Seth Godin che se digitiamo “Bextra” su Google, troviamo un sacco di articoli che parlano di questo analgesico, di cui di recente si è sospesa la produzione a causa dei gravi effetti collaterali sui pazienti. Godin dice che se guardiamo gli annunci più in alto, scopriamo che molti sono di studi legali che pagano profumatamente per ricevere l’attenzione dei navigatori. Sono gli studi che hanno intentato le cause collettive (oggi praticabili anche in Italia) per conto delle persone che hanno subito danni a causa del farmaco, i quali ritengono che il modo migliore per raggiungere queste persone sia di incontrarle esattamente nel momento in cui esse li cercano. Insomma, anziché correre in giro come pazzi per richiamare l’attenzione o, anche, dispensare volantini sui parabrezza delle auto, conviene attivare adwords e starsene fermi ad aspettare che l’attenzione dei navigatori trovi loro.
Il mercato online sta già creando delle forti asimmetrie tra la nuova domanda e la vecchia offerta. Se chiedi a un commercialista quali adempimenti e quali costi ci sono per aprire un bar, ti risponde subito. Sa di cosa stai parlando ed è documentato sull’argomento. Se provi invece e chiedergli come deve essere inquadrato un infomarketer, ti accorgi che non sa nemmeno di cosa stai parlando.
È la quarta rivoluzione industriale. Il mercato online avanza ad una velocità impressionante e crea nel contempo nuovi bisogni da soddisfare. Per il momento resta un’opportunità. Ma manca veramente poco a che diventi un passaggio obbligato.
Gli esperti parlano di “quarta rivoluzione industriale”, con i passaggi dall’agricoltura (primario) all’industria (secondario), dai servizi (terziario) all’informazione online (quaternario).
A soli 10 anni dalla nascita del web, il nuovo marketing ha trasformato in modo tanto radicale le dinamiche della produzione e della crescita da scalzare ogni regola. Tutto questo impone un nuovo tipo di organizzazione e un nuovo modo di fare business.
Un avvocato giuslavorista avrà di che sfamarsi fin quando esisteranno le aziende con i lavoratori subordinati. Ma se la forza lavoro viene attratta dai nuovi mercati, dove punta a creare una rete di micro-sistemi autoproduttivi, la ragione dei contenziosi non sarà più la stessa. Non ci sarà un lavoratore licenziato che lamenta gli straordinari o le mensilità aggiuntive. Non ci sarà un’azienda che vuole eccepire le contestazioni di addebito. Non ci sarà più il mercato delle vertenze di lavoro, intese alla vecchia maniera.
Ci saranno invece nuovi rapporti, nuovi scambi, nuove esigenze da tutelare e difendere, nuovi usi e costumi da portare all’attenzione del legislatore affinché possano assurgere al rango di diritto positivo.
Internet cambia le regole per tutti. Mette i consumatori al primo posto. Impone etica e qualità. Ma allo stesso tempo permette allo studente sognatore di avere subito un mercato da soddisfare. Un esperto di usucapione potrà semplicemente avvalersi di adwords per portare sul suo blog (WLG) tutti quelli che hanno bisogno di usucapire o di difendersi dal possesso abusivo di un bene immobile.
Una volta si parlava di bundling, di raggruppamento di aziende, prodotti, servizi etc.. E anche le professioni sono caratterizzate da un bundling di competenze, di abilità considerate omogenee e ricollegabili ad un settore professionale specifico. Il commercialista tiene la contabilità, fa le dichiarazioni dei redditi, istruisce le pratiche di apertura e chiusura delle aziende, difende i contribuenti davanti alle Commissioni tributarie, effettua perizie tecnico-commerciali sul patrimonio aziendale etc..
Google ha smembrato il concetto di bundling. La ricerca specifica dei navigatori è orientata a trovare delle soluzioni a esigenze particolari. Il navigatore vuole sapere come e se fare causa all’ENEL per uno sbalzo di corrente che gli ha danneggiato il computer.
Ho letto su un libro di Seth Godin che se digitiamo “Bextra” su Google, troviamo un sacco di articoli che parlano di questo analgesico, di cui di recente si è sospesa la produzione a causa dei gravi effetti collaterali sui pazienti. Godin dice che se guardiamo gli annunci più in alto, scopriamo che molti sono di studi legali che pagano profumatamente per ricevere l’attenzione dei navigatori. Sono gli studi che hanno intentato le cause collettive (oggi praticabili anche in Italia) per conto delle persone che hanno subito danni a causa del farmaco, i quali ritengono che il modo migliore per raggiungere queste persone sia di incontrarle esattamente nel momento in cui esse li cercano. Insomma, anziché correre in giro come pazzi per richiamare l’attenzione o, anche, dispensare volantini sui parabrezza delle auto, conviene attivare adwords e starsene fermi ad aspettare che l’attenzione dei navigatori trovi loro.
Il mercato online sta già creando delle forti asimmetrie tra la nuova domanda e la vecchia offerta. Se chiedi a un commercialista quali adempimenti e quali costi ci sono per aprire un bar, ti risponde subito. Sa di cosa stai parlando ed è documentato sull’argomento. Se provi invece e chiedergli come deve essere inquadrato un infomarketer, ti accorgi che non sa nemmeno di cosa stai parlando.
È la quarta rivoluzione industriale. Il mercato online avanza ad una velocità impressionante e crea nel contempo nuovi bisogni da soddisfare. Per il momento resta un’opportunità. Ma manca veramente poco a che diventi un passaggio obbligato.